L’Italia ha il più alto numero di NEET in Europa tra i giovani dai 15 ai 34 anni che non lavorano né studiano: oltre 3 milioni nel 2020, di cui 1,7 milioni donne.
L’incidenza dei NEET è risultata doppia al Sud rispetto al Nord, ed è risultata più elevata nelle donne, nelle due fasce di età più adulte, 25-29 anni (30,7%) e 30-34 anni (30,4%), e più aumenta l’età, più la loro quota aumenta. Analizziamo un quadro preoccupante caratterizzato da disuguaglianze territoriali, di genere e di cittadinanza nel rapporto di ActionAid e CGIL ‘Disuguaglianze e divari tra i NEET alla ricerca di nuove politiche pubbliche’, con raccomandazioni al nuovo Governo e Parlamento per orientare le politiche nazionali e regionali per i giovani, partendo anche dagli insegnamenti tratti dai grandi programmi di intervento, tra cui lo Youth Safeguarding Scheme.
La quota di giovani che non studia, non lavora e non si forma è maggiore nel Mezzogiorno: sono il 39%, contro il 23% del Centro Italia, il 20% del Nord-ovest e il 18% del Nord-est. Nel 2020 tutte le regioni italiane hanno superato l’incidenza media europea dei NEET tra la popolazione giovanile, che si è mantenuta al 15%.
I NEET sono il 56% delle donne, e la prevalenza nelle donne è rimasta costante negli anni, dimostrando che è molto più difficile per le donne liberarsi della condizione. Le disuguaglianze di genere si riproducono anche guardando ai ruoli dei NEET in famiglia: il 26% sono genitori e vivono al di fuori del nucleo familiare di origine; di questi, c’è una grande differenza tra donne e uomini, con il 23% di madri NEET vs. 3% per padre NEET. Il 20% dei NEET sul totale della popolazione NEET italiana sono madri inattive. La motivazione per l’inattività è spesso associata a differenze di genere nel carico di lavoro infermieristico.
Un fenomeno allarmante
La maggioranza dei NEET italiani sono inattivi, quelli che smettono di cercare lavoro per scoraggiamento: il 66% del totale, quindi due terzi, di cui circa il 20% non cerca lavoro ma è disponibile. C’è una tendenza all’inattività soprattutto tra i laureati (32%) o quelli con un’istruzione inferiore (16%). Per quanto riguarda i disoccupati (quelli che cercano lavoro in maniera regolare), i dati preoccupanti riguardano il tempo: il 36,3% dei disoccupati cerca lavoro da più di un anno. Quasi 1 persona su 2 ha esperienza lavorativa e il 54,3% di loro sono donne. Ulteriori disuguaglianze attraversano i temi della cittadinanza e dell’immigrazione. I giovani di origine straniera o privi della cittadinanza italiana sono meno numerosi degli italiani (18% del totale), ma anche tra questi la maggioranza sono donne (57%).
Intervenire sul fenomeno
L’analisi ha permesso di individuare alcuni cluster che raccontano e fotografano meglio il fenomeno al di là degli stereotipi e che reputiamo utili per guidare politiche e interventi specifici ed efficaci.
Il primo cluster raccoglie i Giovanissimi fuori dalla scuola: hanno dai 15 ai 19 anni, senza precedenti esperienze lavorative e inattivi. Non percepiscono un sussidio, hanno soltanto la licenza media e vivono in un nucleo familiare composto da coppia con figli. Si tratta di un gruppo abbastanza residuale, ma allo stesso tempo significativo rispetto alla popolazione e trasversale a tutta l’Italia.
Il secondo racchiude i giovani dai 20 ai 24 anni, senza precedenti esperienze lavorative e Alla ricerca di una prima occupazione. Sono residenti nel Mezzogiorno, hanno la cittadinanza italiana e il diploma di maturità. Sono in un nucleo familiare monogenitoriale, maschi e vivono in una città metropolitana o grande comune. Questo è il cluster più numeroso e mette in luce la fragilità del mercato del lavoro del Sud.
Il terzo gruppo descrive gli Ex occupati in cerca di un nuovo lavoro. Hanno tra i 25 e i 29 anni, hanno perso o abbandonato un lavoro e ora sono alla ricerca. Sono principalmente maschi, con un alto livello di istruzione, appartenenti ad un nucleo familiare single e percepiscono un sussidio di disoccupazione. Vivono nelle regioni centrali del Paese.
La nostra Vice Segretario Generale, Katia Scannavini, ha spiegato: “Servono politiche globali che siano sostenibili nel lungo periodo e rispondano in modo efficace ai bisogni specifici dei giovani, riconoscendo che le disuguaglianze che incidono su una delle ragioni della condizione della popolazione NEET. Occorre ripensare i servizi, lavorare a stretto contatto con i distretti, rafforzare le reti di prossimità, intercettare i giovani più lontani dalle opportunità. Prevenire e contrastare il fenomeno NEET significa che ActionAid garantisce giustizia economica e sociale per una nuova generazione, esercitando i propri diritti alla parità opportunità indipendentemente dallo stato socio-economico iniziale, dal genere, dalla cittadinanza e dalla regione di residenza”.
Occorre istituire percorsi integrati multimisura a medio e lungo termine, sostenibili e strutturati nel tempo e che sappiano cogliere i bisogni trasversali delle nuove generazioni, soprattutto se si vogliono raggiungere le popolazioni giovanili più vulnerabili. Percorsi che possano coniugare adeguatamente misure di miglioramento delle competenze ed eventualmente dei livelli di istruzione con interventi di sostegno e inserimento lavorativo.
